Il blog di Chiara Cecutti

Richard Branson e le sue idee brillanti

Nel nostro ultimo post –  discutendo di gestione d’impresa innovativa, in un certo senso fuori dagli schemi – abbiamo accennato a Richard Branson, un imprenditore che potremmo sicuramente definire “eccentrico” e senza dubbio di gran successo (secondo le stime di Forbes, è al 330° posto nella classifica degli uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio stimato in 4,9 miliardi di dollari). Oggi vogliamo tornare sull’argomento, in special modo soffermarci su una delle iniziative più famose –  e probabilmente più “riuscite” –  di Richard, ovvero l’abolizione dell’orario fisso di lavoro per i suoi dipendenti.

Branson – per i pochi, pochissimi probabilmente, che non lo conoscessero – è il fondatore della Virgin, ma sarebbe più opportuno dire “dell’Impero Virgin Group” , un brand che possiede compagnie aeree, etichette discografiche, carte di credito, assicurazioni pensionistiche, autonoleggi…e altro ancora.

Sfogliando una qualsiasi rivista, guardando anche di sfuggita la tv o navigando nel web, normalmente ci imbattiamo nel viso sorridente di Richard, citato per una delle sue nuove – e spesso stravaganti – “avventure”: dalle più originali come l’aver scalato un palazzo travestito da Uomo Ragno al fine di raccogliere fondi per un ospedale pediatrico, a quelle più “efficaci” (sì, il termine efficace è adattissimo in relazione ai risultati ottenuti) come responsabilizzare i dipendenti al punto tale da eliminare l’orario fisso (la pratica del “timbrare il cartellino” insomma) e permettere loro di gestire autonomamente tempi e modi del proprio lavoro (addirittura di programmare ferie, vacanze); potremmo riassumere il tutto dicendo “lavorare sugli obiettivi” nell’accezione più ampia del termine.

Libertà e responsabilità sono le due facce della stessa medaglia, il risvolto bello (che piace a tutti, siamo onesti!) e il risvolto impegnativo che bisogna imparare a gestire ma, a conti fatti, sempre due aspetti che vanno di pari passo perché non può esistere libertà (ricevuta come segno di stima, fiducia, delega) senza uno spiccato senso di responsabilità  che permetta di non deludere (la fiducia ricevuta, e talvolta implicitamente se stessi).

Vi state domandando se i vostri dipendenti sarebbero capaci di produrre come fanno ora, se non di più, lavorando meno delle canoniche 8 ore e comunque senza i vostri “controlli”? Oppure, forse, vi trovate sull’altra “sponda del fiume” e vi state chiedendo se voi stessi riuscireste a mantenere alti standard senza una proceduralità precisa imposta dall’esterno, “dall’alto”, al vostro quotidiano operato? Noi non abbiamo una risposta certa, – valida sempre e comunque – a riguardo, ma crediamo che non sia possibile raggiungere l’eccellenza, dare il meglio, per “paura” (di un richiamo o persino di un licenziamento); noi pensiamo che non si possa cercare di fare davvero bene per se stessi, per la propria carriera, se non si sente che quel “bene” coincide con quello dell’organizzazione di cui si fa parte (il termine engagement vi dice nulla?) Conseguentemente, siamo convinti che, forse, oggi non tutti i dipendenti sarebbe in grado di gestire autonomamente, in piena libertà (e in piena responsabilità!), il proprio ruolo ma, sicuramente, è necessario andare verso questa direzione per la soddisfazione del singolo (e il balance vita professionale/vita privata vi dice nulla?) e per il business stesso dell’azienda perché – come già vi abbiamo detto più volte – collaboratori felici sono anche collaboratori più produttivi!

Non è detto, insomma, che 8 ore dietro a una scrivania siano sempre meglio di 6: può capitare che una individuo sia molto “portato” per il suo ruolo, che abbia le competenze necessarie, una buona dose di passione/entusiasmo e persino un evidente talento, ma riesca a mantenere alti gradi di concentrazione – gli stessi che gli permettono di realizzare performance eccellenti, quindi proprio ciò che serve alla sua azienda – fissando il monitor del suo pc per un massimo di 5 ore (e non 8), magari intervallate da una breve passeggiata all’aria aperta che lo “rigeneri”, gli permetta di staccare in un certo senso, lo ispiri addirittura. Tutto ciò, chiaramente, non è possibile per qualsiasi ruolo ma, proprio per questo, andrebbe ripensata la modalità tradizionale del lavoro nelle aziende, andrebbe personalizzata e riconsiderata in modo “elastico”, tenendo conto di molti fattori, in primis delle persone  e, più ancora, della singolarità, diversità e unicità di queste persone!

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